Signora Beethoven di Rita Charbonnier

Signora Beethoven di Rita Charbonnier

Signora Beethoven di Rita Charbonnier – Il genio musicale visto attraverso gli occhi di una donna dimenticata

Ci sono storie che abbiamo sempre sentito raccontare da un solo punto di vista. Poi arriva un romanzo come Signora Beethoven di Rita Charbonnier, uno dei libri più belli che ho letto quest’anno, e tutto cambia.

Rita Charbonnier, con acume e grazia narrativa, prende per mano il lettore e lo accompagna dietro le quinte del mito di Ludwig Van Beethoven. Ce lo rende più umano, più imperfetto e fallibie, e lo fa restituendo voce e spessore a Johanna Reiss, una donna dimenticata dalla storia, cognata del musicista, alla quale Ludwig van Beethoven avrebbe voluto togliere tutela del figlio.

Wikipedia la presenta così:

Johanna era figlia del tappezziere Anton Reiß. Nel 1806 sposò Kaspar Anton Karl van Beethoven, fratello minore del compositore Ludwig. Il 4 settembre 1806 nacque il loro unico figlio, Karl van Beethoven.
Kaspar morì nell’autunno del 1815. Suo fratello Ludwig assunse la tutela di Karl, escludendone la madre Johanna. La controversia legale che scaturì tra i due cognati durò fino al 1820, sebbene Ludwig fosse diventato tutore di Karl già nel 1816. Il rapporto tra Ludwig e Johanna fu estremamente teso tanto che il compositore, nelle sue lettere e conversazioni, si riferiva alla cognata soprannominandola “la regina della notte”, epiteto basato sull’omonimo personaggio dell’opera di Mozart Il flauto magico.

Signora Beethoven: la donna dimenticata

Johanna non è solo la cognata del compositore, è il suo bersaglio prediletto. Per la società viennese dell’epoca – e per lo stesso Beethoven – è “una poco di buono”, una donna con una reputazione discutibile, colpevole di aver sposato il fratello di un genio. Ma Johanna non si piega. Non è un’eroina idealizzata: è umana, ostinata, talvolta imperfetta, e proprio per questo reale. Desidera ciò che ogni essere umano reclama: amore, rispetto, il diritto di essere madre.

L’artista contro la donna in Signora Beethoven

Il cuore pulsante del romanzo è il conflitto feroce per l’affidamento di Carl, il figlio di Johanna e Karl van Beethoven, fratello del genio. Il compositore, zio del ragazzo, userà ogni mezzo – legale e morale – per strapparglielo, ritenendosi il solo in grado di offrirgli un’educazione degna. È qui che Rita Charbonnier mostra tutta la complessità di Ludwig: genio sublime al pianoforte, ma tiranno tra le mura domestiche, capace di grandi cose e di bassezze devastanti. Il contrasto tra la sua arte e il suo carattere risuona in tutta la sua drammatica bellezza.

Maternità, potere e redenzione

La maternità, in Signora Beethoven, non è un istinto da romanzo rosa. È un campo di battaglia. È desiderio, perdita, lotta per l’identità. Johanna non vuole solo crescere suo figlio: vuole affermare il diritto di esistere. Rita Charbonnier la racconta con una scrittura che accarezza e ferisce, che illumina i dettagli e scava nei silenzi. La voce narrante è tutta sua – prima persona femminile, limpida, onesta – e restituisce dignità a chi ne è stata privata per tanto tempo.

Una narrazione che canta

Lo stile del romanzo è musicale nel senso più puro: non per l’argomento, ma per ritmo, tonalità, armonia di fondo. Ogni capitolo è una variazione su un tema: la giustizia, la maternità, le difficoltà di essere una donna sola. C’è ironia, ma anche commozione. C’è il dolore di una donna che combatte per rimanere umana in un’epoca che preferiva le donne mute.

E poi c’è la musica, ovviamente. Presenza viva, costante, che attraversa le stanze come un profumo dolce e amaro. Ma è la musica vista da fuori, da chi ne è esclusa. Non la gloria del compositore, ma la frustrazione di chi lo ammira e lo subisce al tempo stesso.

Conclusione

Signora Beethoven è più di un romanzo storico: è un atto politico e poetico insieme, senza polemiche. Rita Charbonnier dà spazio a una figura femminile schiacciata dalla Storia e la restituisce al lettore nella sua pienezza. Non è un libro che cerca vendetta, ma un nuovo punto di vista. E ci riesce.

In un’epoca in cui siamo finalmente pronti a riscrivere le narrazioni dominanti, Signora Beethoven ci mostra quanto ancora possiamo imparare ascoltando chi è rimasta troppo a lungo in silenzio. Perché non serve essere geni per lasciare un segno.



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