30 anni… Sei diventato grande anche tu

30 ANNI Sei un mago Harry - Hagrid da Harry Potter

Ho scritto questo testo una sera, prima di andare a dormire.
Era qualche giorno prima di compiere 30 anni.
La fantasia è partita e io le ho gentilmente fatto compagnia.

30 ANNI Sei un mago Harry - Hagrid da Harry Potter

”Sei un mago Harry!”

Sei diventato grande Harry, non dimenticarci!

La notte avanzava e la tempesta infuriava sempre più forte fuori dalle finestre. Aveva lasciato le tapparelle leggermente sollevate per poter vedere cosa stesse accadendo là fuori. Dentro la casa era silenziosa e lui si sentiva al sicuro sotto le coperte. Era stata una serata tranquilla e aveva scampato per poco la pioggia.
Il sonno lo investì come una di quelle folate di vento che fuori picchiavano gli alberi, quando… BUM BUM!

Due colpi sordi lo scossero violentemente. Scattò e si ritrovò seduto sul letto con le mani piantate nel materasso. Si voltò verso la finestra per guardare fuori, e socchiuse gli occhi per vedere meglio. Niente. Il vento sferzava gli alberi e sbatteva la pioggia sui vetri, ancora più forte. Forse era stato un tuono lontano, si disse. Stava per distendersi quando udì di nuovo due colpi sordi, secchi, forti. Contro la porta della sua stanza.
“Questo è impossibile” pensò. Che qualcuno avesse forzato la porta d’ingresso e si fosse introdotto fino alla sua stanza?

Aveva quasi trent’anni, viveva da solo e per la prima volta stava sperimentando la paura, quella vera. Non riusciva a muoversi e i pensieri erano bloccati. Si chiedeva cosa stesse succedendo e aveva l’affanno di chi ha corso per chilometri.
La maniglia tremò e poi si abbassò. Poi la porta si aprì lentamente, cigolando, e si maledisse per non aver mai messo un po’ d’olio su quei cardini, il cui rumore ora gli penetrava le orecchie facendolo morire di paura.

Sulla soglia si stagliò un uomo gigantesco. Aveva il volto quasi nascosto da una criniera lunga e scomposta e da una barba incolta e aggrovigliata, ma si distinguevano gli occhi che scintillavano come neri scarafaggi sotto tutto quel pelame. 

Il gigante provò farsi piccolo piccolo per entrare nella stanza, e appena fu dentro sfiorò quasi il soffitto con la testa, si voltò e richiuse delicatamente la porta, la cui maniglia tra le sue grosse dita sembrava una matita.

Il ragazzo abbassò lo sguardo per studiare quell’enorme figura che gli dava le spalle, si voltava e si rannicchiava per non toccare il soffitto con la testa.
Indossava un lungo giaccone pieno di tasche che lo faceva sembrare ancora più grande, e i suoi piedi sembravano enormi in quegli stivali da montagna.

Quando trovò il coraggio di guardarlo negli occhi, nonostante fosse ancora pietrificato e seduto sul letto, non trovò in quelle pupille nere alcun segno di pericolo.
Non sembrava volesse fagli del male e si guardava intorno come a cercare qualcosa su cui sedersi, ma con quella stazza si ritrovò costretto a sedersi per terra. Lo fece come lo fanno i bambini quando incrociano le gambe e appoggiano i gomiti sulle ginocchia.

Non appena il gigante parlò, il ragazzo si destò da quei pensieri e chiuse la bocca che era rimasta aperta per tutto il tempo. Aveva la gola secca e sentiva delle lacrime ai lati degli occhi.

“Allora posso sedermi sul letto? Nah… meglio il pavimento, almeno siamo sicuri che regge.”
La sua voce era profonda e ruvida, ma, almeno per ora, non sembrava minacciosa. Il gigante sollevò il giaccone per sedersi per terra senza schiacciarlo e quando alzò la testa puntò gli occhi sul ragazzo. Allora la sua bocca si allargò in un ampio sorriso e disse: “Ciao! Io sono Hagrid, Custode delle Chiavi e dei Luoghi di Hogwarts“.

L’informazione raggiunse il cervello del ragazzo come fosse un lombrico che si trascina e che per ogni centimetro percorso raccoglie tutto il resto del corpo. Cosa stava accadendo.
“Io non esisto” continuò il gigante, “o meglio esisto ma nella fantasia di tanti che aspettano ancora di ricevere una lettera da me. Ti ricordi quanto ci hai sperato? Hai aspettato un gufo fino al tuo terzo anno di liceo”. E scoppiò a ridere.

Quello che stava succedendo era impossibile e sicuramente era frutto di una sua allucinazione. Per lo meno non sembrava pericoloso. Forse a cena aveva esagerato al punto da provocarsi questa visione? Chissà.
In un impeto di coraggio il ragazzo puntò meglio le braccia sul materasso e si mise dritto, sperava di far arrivare più fiato alla sua bocca secca.

“Pe-perché sei qui?” balbettò.
“Sono qui perché ci stai dimenticando. Il tempo è volato da quando ci siamo conosciuti e per quanto forte tu ci abbia tenuti stretti, alla fine stai mollando la presa.”
“C-ci stai dimenticando? Cosa starei dimenticando esattamente?”
“Ecco appunto!” Tuonò il gigante, con un tono più triste che arrabbiato. “Io rappresento tutti gli anni che ti sei messo alle spalle” continuò calmandosi. Aveva notato che la sua esclamazione aveva fatto vibrare di paura il ragazzo. “Sono il messaggero di quelle che oggi chiami cose da ragazzini, le stesse cose che un tempo ti facevano sognare.”
Il ragazzo continuava a non capire. Perché mai un gigante, in tutto e per tutto uguale ad un personaggio del suo libro preferito, sarebbe venuto a ricordargli queste cose?

“Perché sei qui?”
“Perché non capita tutti i giorni che un ragazzo compia 30 anni e tu, ragazzo mio, ci sei quasi.”
“Qu-questo lo so. Ma perché quest’urgenza di ri-ricordare?” chiese il ragazzo, che da ogni parola traeva maggior coraggio per quell’assurda conversazione.

Il gigante sospirò e chiuse gli occhi, come a voler raccogliere le idee.
“Trent’anni sono un traguardo importante. Sono un punto di svolta. Se oggi incontrassi il te ventenne cosa avreste in comune? Te lo dico io: niente o quasi. Certo avete la stessa faccia, lo stesso corpo, anche se sono sicuro che lui avrebbe qualche capello in più.” Disse ridendo al ragazzo. “Sono qui per ricordarti chi sei stato, le emozioni e le fantasie che ti hanno reso come sei ora.”
“Ok, quindi tu sei qui per ricordarmi com’ero. Tutto qui? Non mi farai volare per le strade tipo “A Christmas Carol”?”
“No.” Rimbombò bassa e dispiaciuta la voce del gigante. “Non mi è concesso fare magie fuori da Hogwarts, e tu dovresti ricordarlo”. Il gigante fremeva e rovistava tra le sue tasche. Chissà quanta roba ci teneva, si chiedeva il ragazzo, che intanto riacquistava un po’ di sicurezza.

“Ti ho portato questo” disse il gigante estraendo da una di quelle infinite tasche un piccolo pacchettino avvolto in una carta bianca. “E’ il più buono che tu possa trovare. Te lo assicuro. Ti avrei fatto qualcosa di più grande, ma mi ci sarei seduto sopra inavvertitamente. Sai… non sarebbe la prima volta!” E gli lanciò uno sguardo complice.
Al ragazzo non fu necessario allungare la mano, tanto era grande il gigante, che si sporse appena e gli appoggiò sul palmo ancora madido di sudore, l’incarto bianco.

Soppesò il contenuto, sembrava leggero anche se il pacchetto era bello grosso. Quindi sollevò con cautela uno dei lembi di carta e gli arrivò dritto in faccia un odore dolce e caldo, come quello delle pasticcerie quando fuori è inverno e aprendo le porta si viene avvolti dal profumo di forno acceso e impasto in cottura. Nell’incarto c’era un grosso muffin ai frutti di bosco. Li riusciva a vedere, grossi e polposi. Sopra era scritto con una glassa verde acceso “Buon Compleanno”, ma non lo capì al primo colpo d’occhio, tanto la calligrafia era storta e sgangherata.

“Gra-grazie” sussurrò il ragazzo con un filo di voce. Era sempre più sorpreso di quanto stesse vivendo, oppure sognando. E ancora non riusciva a capire perché tutto questo stesse accadendo. Era tanto tempo che non provava sensazioni così forti, la sua vita era diventata una routine senza picchi di interesse, a parte qualche cena con i colleghi. Gli amici li vedeva poco, e non parlava molto con la gente che lo circondava. La sua vita era diventata piatta ma se l’era fatta andare bene.

Ora un gigante gli portava un muffin enorme, azzeccando il suo gusto preferito, con scritto “Tanti Auguri” la notte del suo trentesimo compleanno. Cosa voleva dire tutto questo. Cosa voleva quel gigante? Oltre a farlo scuoterlo di paura dalla testa alla punta dei piedi?

“Sono venuto qui per chiederti un favore” disse il gigante quasi a leggergli nel pensiero, “anzi vorrei mi facessi una promessa. So che non sarà facile mantenerla ma tu, almeno tu, provaci.

Resta sempre un po’ bambino. Non abbandonarci e continua a sognare in grande. Ti ho osservato ultimamente, e ti ho visto sbiadire lentamente, ma costantemente.
Resta un pò bambino ti dico, conserva quell’iperattività tipica dei bambini che sono vivi perché percepiscono tutto, osservano e si lasciano stupire da moltissime cose.
Continua a farlo anche tu, come hai sempre fatto.
Gli adulti hanno schemi mentali, blocchi, e spesso non riescono a stare completamente in una percezione, se ne liberano subito, la fotografano e la mettono via attraverso dei canali ben oliati che impediscono loro di sentire troppo, perdere tempo, farsi coinvolgere. La  mente degli adulti è bloccata e appannata da idee preconcette, giudizi, ansia, stress…

Non commettere lo stesso errore, stai varcando una soglia ma non sei costretto a lasciare parte di te fuori dalla tua vita adulta. Continua a percepire il mondo con la stessa sorpresa e con lo stesso trasporto. Continua a farti stupire, e tratta tutti senza riserve nel bene e nel male.

Sono venuto a chiederti di portarci con te ancora. I personaggi della tua infanzia non hanno mai smesso di farti compagnia e saremo sempre qui a supportarti quando vorrai scrollarti di dosso i carichi che gli adulti si portano appresso.

Portaci con te. Facciamo parte di te. E lo saremo sempre.”

Le parti di testo in corsivo sono estratti dal libro Harry Potter e la pietra filosofale, di Salani Editore, ma sono sicuro che i più attenti tra voi se ne fossero accorti subito.

La porzione di testo in grassetto è stata fortemente ispirata dal nuovo libro di Rossana Campo, Scrivere è amare di nuovo, di Giulio Perrone Editore.

Vi invito a leggero perché di questo libro vi parlerò presto!

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